Quanto pesano questi scatoloni. E spostarli da una parte all’altra è faticoso. Tra polvere, segno indelebile del tempo trascorso; sospesa, come tanti cristalli di luce nell’atmosfera di quiete e silenzio. E’ lì che vive il passato. Custodito gelosamente negli scatoloni dei ricordi, e nel peso di una vita che si trascinano dietro e che sento ancora sulla pelle nello spazio che mi circonda. Avete presente la polvere volante che si nota attraverso i fasci di luce? Ecco, immagino quei chicchi di polvere come tantissime bolle di sapone sospese nel tempo. In ogni bolla una storia.
Oggi sono ritornata in quella casa, che sta per diventare la mia. Il mio nido, la “mia oasi”, io la chiamo così. Ho iniziato a scrutare le stanze, a pensare come diventeranno. Ho iniziato ad immaginare una luce nuova in quella casa, che sia un plus a quella già esistita. Ho pensato che non c’è posto migliore del nido in cui sei cresciuta per covare i propri sogni. Ho risentito l’odore di quelle sedie di paglia sulle quali lei sedeva quando mi aspettava dopo la scuola con il pentolino pieno di cioccolatini. Quei cioccolatini lasciati lì per me da una signora Befana che non ho mai incontrato. Ho riassaporato quei piatti preparati nelle domeniche e nei giorni di festa, che se mangiati tutti prevedevano un premio. Il vino che non ho mai voluto assaggiare, neanche diluito con acqua, ma preferito al caffè allungato che bevevo nel mio bicchierino in vetro col manico in acciaio. Il caminetto che ha bruciato, legna, anni, vita vissuta. Il lavandino nel sottoscala, la botola sotto il tavolo e il mistero di una cantina mai esplorata. Lo stanzino dell’olio, della dispensa. Il corridoio tra l’entrata e la cucina, la tv, la radio e la sua sedia in plastica sulla quale si appisolava per poi sobbalzare al mio arrivo improvviso. E se ci penso, sento ancora quel ticchettio di orologio che aveva vicino al petto. E se ricordo quando l’abbracciavo, e le chiedevo cosa fosse, lei mi rispondeva che aveva un orologio nel cuore, e quel suono, seppur fastidioso, per me era musica. E vicino al cuore, sulla maglietta, una spilla con le perline e due medagliette: una in oro e una in argento.
Ho riaperto ogni cassetto oggi, come mai avevo fatto prima, perché si fa sempre attenzione prima di scrutare nei cassetti della vita delle persone. Ed è incredibile vedere come il tempo non cancelli i segni e gli odori sui vestiti. I suoi. Ben piegati e conservati come se la sua mano fosse ancora lì attenta all’ordine. E quel suo profumo inconfondibile, che prevale su ogni immagine che la mente umana sia costretta a cancellare a lungo andare.
Poi sono entrata in cucina. E li mi sono accorta che il tempo si era fermato. E quando il tempo si ferma, ti soffermi sui dettagli senza fretta, notando ciò che magari con la fretta non avresti mai guardato. O forse perché quando intorno a te hai il vuoto, guardi attentamente con la speranza di trovare qualcosa. E ho guardato quei piatti appesi sulla tavola, alle piastrelle. I loro colori, l’immagine che rappresentano. E ho iniziato a pensare agli anni che hanno. Poi ho guardato istintivamente calendario ed orologio. Il calendario fermo ad ottobre 2015 e l’orologio fermo alle 17.50. Ottobre è stato un mese in cui quella casa ha visto la luce del sole, e ha udito la voce di lui. Lui era ancora lì, con i nostri eterni via vai, i pianti, la rabbia, e le memorie che andavano perdendosi con lui, ma che sono rimaste in questi scatoloni pesanti. Pesano, così pesava quella porta chiusa, agli inizi, quando di lei in casa rimase solo l’odore. E poi quella casa divenne il mio punto di riferimento quando avevo bisogno di lui. Ed è bello poter pensare che ho avuto bisogno di lui, perché me lo ricorda forte e protettivo, forse anche troppo.Oppure quando, per tenergli compagnia, si organizzavano i pranzi improvvisati. E stavamo bene noi, insieme. E stava bene lui, con noi.
E credo che non sia un caso l’orologio fermo alle 17.50. Era il suo consueto orario di visita a casa mia. E credo che lo lascerò fermo lì, a quell’ora e che non toglierò mai via quel calendario fermo ad ottobre 2015. Forse tornare in cucina, diventerà un rifugio nell’oasi, in cui il tempo si è fermato. Una illusa possibilità di tornare indietro per un attimo a riabbracciare i ricordi.