Dalla Gazzetta di Lucca
Elena Ricci, di Associazione Nuova Difesa, esprime solidarietà ai 37 carabinieri indagati in Lunigiana e racconta, chiamando in causa il silenzio assordante del generale Del Sette comandante generale dei carabinieri, la vicenda dei cinque militari alla gogna e dimenticati del caso Cucchi:
Non ho mai avuto paura di dire la verità. Questo è anche uno dei motivi per i quali ho scelto di diventare una giornalista: servire la verità, un dovere da giornalista e da cittadina. L’unica arma civile nella lotta al contrasto della menzogna.
Così come non temo di dover raccontare la verità, allo stesso modo non temo di dire ciò che penso. E devo dire ciò che penso, è più forte di me. Nel vostro articolo parlate dei 37 carabinieri indagati ed abbandonati. Esposti alla gogna, massacrati, come se fossero i peggiori criminali. E’ una vicenda che sto seguendo con l’Associazione Nuova Difesa che ha deciso di non lasciarli soli. Ma, cara redazione, vorrei raccontarvi di una storia simile.
Nutro da tutta una vita, profonda e immensa stima per le Forze dell’Ordine, in particolar modo per l’Arma dei carabinieri, la cui divisa ho indossato all’età di 19 anni negli ambiti di uno stage promosso dal Ministero della Difesa. Anche se per poco, le stellette su quella giubba le ho portate, e son rimaste mie per sempre. Quando ho fondato il mio blog Forze Armate News, con il motto “dalla parte delle divise” con il chiaro intento di dar risalto a tutto quello che quotidianamente, uomini e donne in divisa fanno per la nostra sicurezza, ho ben specificato la differenza tra “dalla parte” e “di parte”. Ho spiegato che “dalla parte” per me, significa dare voce. Dare a voce a chi quella voce non ce l’ha più e a chi non viene ascoltato, a chi non viene creduto. A chi viene ignorato.
I cinque carabinieri oggi imputati nel caso Cucchi, questa voce non l’hanno avuta. Non è stato mai concesso loro un contraddittorio e si è lasciato che li si accusasse e mettesse alla gogna, quando erano ancora solo indagati. Tre di loro sono stati sospesi dal servizio ancora prima di un rinvio a giudizio. Nella decisione, per uno di loro, il vicebrigadiere Tedesco, considerato il grado, è intervenuto addirittura il Ministero della Difesa.
Si è lasciato che cinque servitori dello Stato, cinque persone e relative famiglie, fossero esposte al pubblico ludibrio senza un minimo intervento se non qualche frasuccia di circostanza. Mi riferisco alla ministra Pinotti e al comandante generale dell’Arma Tullio Del Sette. A voi dico, che questi cinque uomini dello Stato, li avete lasciati soli.
Perché e su che base dico questo? Su basi oggettive e alla portata di tutti. Ilaria Cucchi ha messo alla gogna il vicebrigadiere Tedesco diffondendo la sua foto su Facebook ed esponendolo a commenti diffamatori e pesanti minacce, a cui hanno fatto seguito oltre 1300 querele. Per molte di esse è stata chiesta l’archiviazione, alla quale il militare – tramite i suoi legali – si è opposto, ottenendo una proroga delle indagini e un primo rinvio a giudizio.
Non è stata spesa una parola da parte del comando generale e del Ministero della Difesa, in difesa – tristemente ironico gioco di parole – di questi cinque carabinieri.
Cosa che poi mi ha di molto meravigliata, è stato il fatto che il generale Del Sette non abbia preso le distanze da quanto scritto dalla signora Cucchi sulla sua pagina pubblica, a corredo della formale risposta ricevuta alla sua missiva, dal comando generale dell’Arma. Quel suo atto dovuto e formale, egregio comandante generale – perché rispondere è cortesia – fu strumentalizzato, nel suo più totale silenzio. Questo ha contribuito ad alimentare le falsate convinzioni di quella fetta di opinione pubblica che ideologicamente, è avversa alle Forze dell’Ordine. Questo suo silenzio ha lasciato pensare che il comando generale, fosse in linea con le convinzioni della signora Cucchi. Convinzioni tra l’altro – quelle della Cucchi -, divenute sentenza di condanna definitiva emessa dal Tribunale di Facebook, e avvallata da una giuria popolare del tutto discutibile.
Lei sa benissimo, da tutore della legge, da uomo di Stato, egregio Generale Del Sette, che la nostra Carta Costituzionale, all’articolo 27, comma 2, sancisce la presunzione di non colpevolezza per ogni imputato in assenza di condanna definitiva. Dunque, essendo lei stesso indagato negli ambiti di determinate vicende giudiziarie, sa benissimo che, una persona indagata (e anche imputata) è allo stato dei fatti formalmente innocente. Mi rivolgo principalmente a Lei, Generale Del Sette, perché il peso di quella divisa lo conosce, al contrario della Ministra Pinotti che svolge prettamente una funzione politica e che mi porterebbe fuori tema, essendo la questione militare italiana, dal punto di vista politico, un vero e proprio fallimento di Stato (caso Marò docet). E in un’Italia dove deve venirti un ictus per riabbracciare la tua famiglia e far valere i tuoi diritti, accusare la politica di non sostenere i Carabinieri, è come sparare sulla croce rossa. Però una cosa alla Ministra Pinotti mi piacerebbe chiederla: l’interrogazione del Senatore Carlo Giovanardi sul “supertestimone” Riccardo Casamassima che fine ha fatto? Abbiamo forse Senatori di serie A e senatori di serie B? Alcuni vengono ricevuti ed ascoltati ed altri no? O il criterio è la vicinanza politica? Ne avrei di cose da dire… ma finirei fuori tema e non è mia intenzione.
Concludo dicendo che a breve, cinque carabinieri andranno a processo. Tre di questi accusati di omicidio preterintenzionale, nonostante una perizia di luminari, in incidente probatorio, abbia escluso nesso causale tra morte ed eventuali percosse, ma soprattutto, nonostante questa non abbia fornito un’esatta causa di morte, elemento quest’ultimo, necessario per formulare un’accusa di omicidio. State lasciando che questi uomini affrontino uno dei processi più vergognosi della cronaca giudiziaria italiana, dove la stessa parte civile prima esime i carabinieri da ogni responsabilità (ricorso in Cassazione dell’Avvocato Anselmo) e poi improvvisamente li accusa di un violentissimo pestaggio; dove nascono associazioni con lo scopo di perseguire la verità a 50 se la sostieni e a 10 in via ordinaria.
Credo nella giustizia, nella verità. E la condanna per calunnia di Zeno Rocca (antagonista che accusò la polizia di averlo pestato) dimostra che la verità rende liberi e che il tempo rimette tutto al suo posto. La condanna di Zeno Rocca dimostra anche che pur di accusare uomini in divisa, si è disposti a tutto. Ma la verità trionfa sempre, perché in quanto tale la si può dimostrare. Leggo gli atti del caso Cucchi ogni santo giorno. Ho fiducia nella giustizia, e attendo con ansia il processo che dimostrerà l’innocenza dei Carabinieri. Per la morte di Stefano Cucchi mi dispiace, aveva una vita davanti a sé che avrebbe potuto vivere meglio. Ma non si può dare ad altri la colpa di un qualcosa che non si è riusciti ad evitare.. vuoi per destino, vuoi per altro.
In tutto questo, l’Arma c’è. Ma non per i cinque carabinieri del Caso Cucchi, e nemmeno per i 37 carabinieri della Lunigiana. Anche Io non li condanno.