Credo non esista immagine migliore per descrivere costoro. Un mix tra tenerezza e ilarità.
La tenerezza che ti fa un esserino così piccolo e il sorriso che suscita quando mostra i denti.
Dove vuoi che vada? In cella!
Ed è quello che è successo in provincia di Bergamo ad un uomo che, in prova presso i servizi sociali, è tornato in carcere su disposizione del giudice. Le motivazioni sono due: essere andato a lavorare senza autorizzazione del Magistrato e aver scritto sui social “uno in meno”, commentando la morte di un poliziotto della Digos di Milano a seguito di incidente stradale. Il giudice non ci ha pensato due volte e ha disposto per lui la custodia cautelare in carcere.
Questo è un caso isolato per i risvolti che ha avuto, ma non nel suo genere. Abbiamo capito che non conta il livello culturale, sociale, la preparazione o il titolo di studio.
Quando leggiamo questi commenti irrispettosi, se da una parte siamo convinti di trovarci dinanzi a gente poco acculturata che non sa ciò che scrive e lo fa per seguire una tendenza, dall’altra parte ci troviamo gente che, in teoria, dovrebbe ben sapere ciò che dice ed è accecata da una ideologia. E’ il caso delle due insegnanti, quella di Torino, Lavinia Flavia Cassaro che augurò la morte ai poliziotti del Reparto Mobile; l’insegnante di NovaraEliana Frontini che, commentando la morte del Vice Brigadiere Cerciello Rega, scrisse su facebook “Uno in meno, con sguardo poco intelligente. Non ne sentiremo la mancanza”.
L’indifferenza e la cattiveria che si trasformano in gioia per la morte di un essere umano, fanno ribrezzo. E non solo quando si gioisce per la morte di un poliziotto o di un carabiniere, ma quando si gioisce per la morte di una persona in genere, al di là del suo lavoro, della sua religione, della sua nazionalità, ma sempre appartenente a questo mondo.
C’è un comune denominatore tra queste persone con storie e percorsi diversi: l’odio.
Lo stesso odio che il doppiopesismo all’italiana, fa convergere solo da una parte, ignorando o addirittura “giustificando” l’altro. E a tal proposito ricorderete le manifestazioni in solidarietà della maestra di Torino che urlò a squarciagola “dovete morire tutti”, a padri di famiglia con figli, magari, della stessa età dei suoi alunni.
Dove voglio arrivare… l’odio nei confronti delle forze dell’ordine è legittimo? La decisione del giudice con il quale ho aperto questa mia riflessione, ci dice di no. Ci dice che il rispetto per le Istituzioni esiste ancora. Riesce ancora a marcare il confine tra ciò che è giusto e sbagliato. Ci fa capire che l’odio e le sue esternazioni sono deprecabili sempre e non solo quando aiutano a fare propaganda.
E che, soprattutto, quando poi si è chiamati a rispondere, ci si accuccia nelle proprie oramai inutili giustificazioni.