E’ notizia di qualche giorno fa. Alcuni esponenti del Movimento Cinque Stelle e del Gruppo Misto, così come appreso dall’Agenzia Adnkrons, hanno scomodato l’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) per far luce sui procedimenti e i trasferimenti ai quali è stato sottoposto l’appuntato dei Carabinieri Riccardo Casamassima, vittima – a suo dire – di mobbing, in seguito al suo coinvolgimento quale testimone chiave nel processo relativo alla morte di Stefano Cucchi. Alcuni ufficiali dell’Arma dei Carabinieri sono finiti sotto inchiesta.
L’ANAC avrebbe dunque, riscontrato anomalie e irregolarità nella gestione del trasferimento che, il Casamassima, oramai lanciato sulla piazza mediatica, denuncia costantemente appellandosi al Governo per un aiuto concreto.
Riccardo Casamassima e sua moglie Maria Rosati (anch’ella Carabiniere) sono stati, con la loro testimonianza, la chiave di volta per l’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi che vede cinque Carabinieri alla sbarra, accusati a vario titolo di omicidio preterintenzionale, calunnia e falso in verbale d’arresto.
Dunque, se ci sono irregolarità, bene fa l’ANAC a volerci vedere chiaro. Ci sorge spontanea una domanda: la stessa solerzia con la quale esponenti del M5S e Gruppo Misto hanno segnalato il tutto all’ANAC, perché non si è vista per capire bene le vicende giudiziarie che vedono coinvolta la coppia di Carabinieri?
Ci abbiamo voluto vedere chiaro noi e, esaminata attentamente tutta la documentazione in nostro possesso, oggi possiamo raccontarvi qualcosa in più.
Riccardo Casamassima e Maria Rosati si sarebbero recati spontaneamente da Ilaria Cucchi e dal suo legale e compagno Fabio Anselmo, per raccontare – seppur dopo 6 anni – di aver assistito ad una conversazione tra il Maresciallo Mastronardi e il Maresciallo Roberto Mandolini, dove quest’ultimo raccontava che i “suoi” uomini “avevano combinato un casino” massacrando di botte un arrestato, appunto il Cucchi.
Queste dichiarazioni, anche se arrivate tardi, sono state rese perché erano un peso troppo grosso da tenere sulla coscienza e perché il Casamassima, come ha più volte detto di sé stesso, ha sempre denunciato irregolarità o abusi avvenuti all’interno del suo ambiente lavorativo: l’Arma.
Abusi che, carte alla mano, avrebbero commesso lui stesso e sua moglie Maria Rosati.
Il 12 febbraio 2019, la Procura di Roma, la stessa che nell’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi, ritiene attendibili le testimonianze di Casamassima e Rosati, rinvia entrambi a giudizio per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti. Alla notizia del rinvio a giudizio, il Casamassima replica dicendo che, all’atto della perquisizione, nulla fu rinvenuto presso la sua abitazione.
I fatti risalgono al 2014, quando nell’ambito di una indagine dei Carabinieri su un gruppo dedito alle rapine e al recupero crediti, in una intercettazione, alcuni indagati affermano che il Casamassima e la Rosati detenevano della sostanza stupefacente in casa. C’è di più: uno di questi indagati avrebbe ricevuto da Maria Rosati la proposta di ricettare delle borse griffate, acquistate a 20 euro da sue “conoscenze” e rivendute alla cifra di 100 euro. L’interlocutore della Rosati, scettico, chiede se questa sua conoscenza fosse realmente disposta a vendere queste borse a 20€.
«Se ce le dà? Gliè faccio vedè il tesserino così… […] hao se chiama estorsione a tutti gli effetti, sti cazzi! Hao ma che sto a fa de illecito, quelle so rubate hao, glié faccio pure il verbale di sequestro hao, e poi li porto, nun te preoccupà, so come muovermi […]».
Nella conversazione, l’interlocutore della Rosati dice a quest’ultima di prestare attenzione ad eventuali intercettazioni e la Rosati risponde che l’auto andrebbe “bonificata”.
Sempre nelle intercettazioni, due indagati discutono della perquisizione domiciliare cui furono sottoposti nel marzo del 2014, Riccardo Casamassima e Maria Rosati.
Durante la conversazione uno degli indagati racconta all’altro di essere stato presente in casa dei due Carabinieri quando avveniva la cessione della cocaina, indicando anche il luogo in cui questa veniva occultata. In più racconta che durante la perquisizione, la Rosati avrebbe velocemente preso la sostanza per nasconderla in casa di una terza persona. Ancora, questa persona indagata racconta all’altra, che il Casamassima gli avrebbe mostrato delle armi detenute in casa e di avergli detto: «… sai, ho preso contatti con certe guardie giurate».
Secondo quanto questa persona – ignara di essere intercettata – racconta all’altra, Riccardo Casamassima e Maria Rosati, avrebbero tentato di fargli spacciare cocaina.
Non è questo l’unico caso in cui si riconduce il Casamassima allo spaccio di stupefacenti. Vi è anche un altro episodio che fu poi menzionato nell’interrogazione al Ministro della Difesa, presentata qualche anno fa dal Senatore Carlo Giovanardi. In quell’indagine, condotta dalla Squadra Mobile di Roma, emersero intercettazioni tra il Casamassima e soggetti sottoposti al regime degli arresti domiciliari. La vicenda è emersa anche durante le udienze del processo Cucchi, durante l’escussione del dirigente della Squadra Mobile di Roma, il quale definisce questi contatti “inequivocabilmente finalizzati e funzionali all’acquisto di sostanza stupefacente”, in esclusione del fatto che potessero essere finalizzati a “scambi confidenziali” di informazioni, relegati all’attività di Polizia Giudiziaria, circostanza che il Casamassima, ha sempre evidenziato per giustificare quelle intercettazioni.
Ancora, il 5 aprile 2019 si è concluso per intervenuta prescrizione, un altro procedimento penale nei confronti di Casamassima, instauratosi a seguito di una indagine per traffico internazionale condotta dal ROS di Padova nel 2011. In quella circostanza il Casamassima fu indagato per aver comunicato a gente sottoposta ad indagine, informazioni reperite dalla banca dati in uso alle Forze di Polizia. Il Casamassima avrebbe altresì chiesto a questa persona indagata di aiutarlo a minacciare il padre della sua allora ex fidanzata.
Tra un mese e mezzo, il 6 novembre 2019, è in programma l’udienza dibattimentale di un altro procedimento a carico del Casamassima, in cui gli si contesta l’omessa denuncia di reato da parte di un pubblico ufficiale. Il procedimento, ora in primo grado, nasce da una indagine datata 2011, della Squadra Mobile di Roma. Nel corso di questa inchiesta su traffico di stupefacenti e delle intercettazioni, emersero contatti tra alcuni indagati e Riccardo Casamassima. Questi gli avrebbero riferito notizie circa rapine, spaccio ed evasione di una persona sottoposta ai domiciliari. Tutte circostanze che il Casamassima tacque, senza comunicarle all’Autorità Giudiziaria.
Dunque, esercitato il sacrosanto diritto di cronaca, pur sapendo che un articolo non andrebbe mai concluso con una domanda, non possiamo farne a meno. In un paese normale non avremmo bisogno di porci domande. Come si fa, alla luce di tutto questo – a maggior ragione se consideriamo che si tratta della stessa Procura – a ritenere spontanea, attendibile e genuina, la testimonianza di Casamassima e Rosati?
E l’ANAC cosa ne pensa?