Abbiamo ascoltato in silenzio la sentenza di condanna relativa al processo Cucchi bis, un caso giudiziario fatto ingerire agli italiani con forza, quella mediatica a senso unico che vede i cittadini spettatori, tra protagonisti e complici e, tra questi ultimi, soprattutto la stampa affamata di notizie e quella certa politica che cerca una precisa tipologia di consensi elettorali, per paura di scomparire nel panorama collettivo. Oggi, quindi, anche noi abbiamo diritto di parola, anche noi che la pensiamo diversamente.
E partiamo con ordine. Le sentenze si rispettano tutte, così come le opinioni. Ma si può non essere d’accordo. E per questo esistono i ricorsi, tra l’altro, già annunciati dai legali dei Carabinieri.
Nessuna verità sancita
Per questa sentenza sono dispiaciuta e non per i Carabinieri, ma per la famiglia Cucchi. Perché ancora una volta, dopo 10 anni, nessuna verità è emersa, ma solo congetture. La Corte d’Assise d’Appello con la sentenza pronunciata ieri negli ambiti del processo ai medici, non ha sancito alcuna esclusione di responsabilità medica. Due medici sono stati assolti, per gli altri è intervenuta la prescrizione relativamente al reato contestato, ovvero quello di omicidio colposo. Questo cosa vuol dire? Che non può essere più esercitata l’azione penale, ma il capo di imputazione resta.
E sempre ieri, proprio mentre dei giudici non escludevano la colpa medica, altri giudici hanno condannato due carabinieri per omicidio preterintenzionale. Due cose che non collimano, che non reggono. Una discrasia giudiziaria unica e che deve far riflettere. Sicuramente se ne ragionerà su in Appello, nel frattempo all’opinione pubblica non importa, perché i carabinieri sono stati giudicati colpevoli ancora prima di ieri. I Carabinieri sono stati giudicati “assassini” nel 2016 dalla piazza mediatica. Dunque, questa sentenza non ci sorprende. Lo sapevamo già. Al contrario, mette tristezza, perché la vera verità è ancora in alto mare.
Per una analisi più dettagliata occorre leggere le motivazioni della sentenza. Però alcune riflessioni a margine possono essere fatte.
Le perizie
All’indomani della pronuncia dei giudici, Ilaria Cucchi annuncia già querele, a partire da Matteo Salvini che ha dichiarato che la droga fa male. Ilaria Cucchi ha replicato dicendo che Stefano non è morto di droga. Le affermazioni sono vere entrambe. La droga fa male e Stefano non è morto di droga. Nelle perizie le cause del decesso non sono mai state attribuite alle sostanze stupefacenti. Così come non sono mai state attribuite alle lesioni, seppur riconosciute, ma non come causa. In realtà, cause esatte del decesso non sono mai state formulate, bensì solo ipotesi. Questo è agli atti, al di là dei personali convincimenti di ognuno.
Le lesioni, il pestaggio
I giudici, insomma, riconoscono i carabinieri colpevoli di quel “violentissimo” pestaggio che avrebbe portato Cucchi alla morte dopo una settimana dal suo arresto. Un pestaggio “confermato” dalle dichiarazioni del Vice Brigadiere Francesco Tedesco, rese 9 anni dopo. Le dichiarazioni di Tedesco, coimputato nel processo (ora assolto dall’accusa di omicidio preterintenzionale), sono l’unica fonte di prova. Non vi è altro nel processo che abbia provato calci, pugni, spinte e altro da parte di D’Alessandro e Di Bernardo nei confronti di Stefano Cucchi. Non vi è nemmeno la famosa relazione di servizio che il Tedesco ha detto di aver scritto. Non c’è, è scomparsa e non si è riusciti nemmeno a provarne la scomparsa ed a individuarne il responsabile.
Francesco Tedesco come Roberto Mandolini
Chi dice che il Vice Brigadiere Tedesco ne sia uscito “pulito” vendendosi i colleghi, commette un errore madornale. Perché è stato si assolto dall’accusa di omicidio preterintenzionale, ma sulla sua testa pende una condanna a 2 anni e 6 mesi per falso. La stessa condanna del Maresciallo Roberto Mandolini per il quale sono stati chiesti 3 anni e 8 mesi.
Leggendo gli atti, per anni, nulla e dico nulla, riconduceva il presunto pestaggio a Francesco Tedesco. Non vi era nulla che potesse dimostrarlo, così come non vi era nulla per Alessio Di Bernardo. L’unica “nota stonata” (e accentuo il virgolettato scrivendolo), era l’intercettazione della ex moglie di Raffaele D’Alessandro. Si tratta sempre di un “sentito dire”, di circostanze riferite, mai di prove dirette e inconfutabili.
Tre gradi di giudizio
L’amministrazione della giustizia si articola in tre gradi di giudizio. Siamo al primo e niente è definito, soprattutto la verità, perché se la colpa medica non è stata esclusa, se non si conosce l’esatta causa di morte, come si può dire che sia stato ucciso?
Ilaria Cucchi
Che Ilaria Cucchi sia stata tenace e combattiva è un dato di fatto e non si può negare, così come bisogna darle atto di essere riuscita ad accendere potenti riflettori sulla morte del fratello arrivando ad ottenere giustizia. Perché, guardando la vicenda con gli occhi di Ilaria Cucchi, lei ieri ha ottenuto giustizia. Il mio lato umano la comprende; il lato critico e pensante invece ribadisce quanto detto sopra, ossia che se non vi è verità certa, non si può parlare di giustizia.
Il baciamano del Carabiniere
Ognuno è libero di esprimere le proprie emozioni come meglio crede. Quando un appartenente alle Forze dell’Ordine esprime una considerazione politica o controtendenza, mentre indossa la divisa, è subito scandalo. Allo stesso modo è scandalosa quell’immagine che ci è stata propinata ieri. Chi veste la divisa rappresenta lo Stato, i cittadini. Avrebbe tranquillamente potuto farlo fuori dal servizio, per conto suo.
Ma non in mio nome.