So bene quanto faccia paura ad alcuni la verità. So bene anche cosa si “rischia” quando tu racconti la verità forte di documenti, testimonianze ed evidenze. Nella vita però occorre scegliere se fare il giornalista soprammobile da salotto o il giornalista libero che informa le masse senza distrarle dalla realtà dei fatti. E’ il caso dei tre colleghi di cui parlo nel mio articolo: Chiara Giannini, Francesca Totolo e Salvatore Dama. Bersagliati perché colpevoli di aver scritto la verità con l’aggravante di averla documentata. E chi ha paura si difende con il fango.
Elena Ricci
Chi non aderisce al pensiero unico è un fascista, un razzista, un giornalaio, non tiene fede alla professione del giornalista che è quella di raccontare i fatti. Ma quali fatti? Voluti, dettati da chi?
Per quanto i condizionali siano d’obbligo nella nostra professione, non dobbiamo scrivere ciò che la gente “dovrebbe” sapere, bensì ciò che la gente deve sapere. Tutto questo si riassume nel concetto di “verità”, parolina lieta e crudele allo stesso tempo.
La verità è oggettiva e bene fa il giornalista a raccontare ciò che vede e ciò che resta inascoltato. Molto spesso siamo noi giornalisti il “mezzo di trasporto” che conduce l’opinione pubblica alla verità. Il nostro obbligo morale prima, professionale poi, è quello di accompagnare il lettore e spiegare lui cosa accade. Questa è la differenza sostanziale tra chi fa vera informazione e chi, invece, si occupa della distrazione di massa.
Tre colleghi, precisamente Chiara Giannini per “Il Giornale”, Francesca Totolo per il “Primato Nazionale” e Salvatore Dama per “Libero”, nelle scorse settimane si sono recati a Lampedusa per vedere con i propri occhi e toccare con mano la situazione relativa agli sbarchi, raccontando, ognuno con propri articoli e video reportage, la realtà dal punto di vista di chi quell’isola la vive. Le questioni emerse e minuziosamente documentate sono state tante: fuga di ospiti dai luoghi addetti all’accoglienza; violazione delle norme anti covid come l’obbligo di quarantena; piazze di spaccio in pieno centro; inciviltà dilagante; assenza di persone che fuggono dalla guerra; sfoghi di residenti che hanno lamentato furto di bestiame e finanche di cagnolini che, stando ai loro racconti, i migranti avrebbero mangiato.
Questa ultima notizia relativa al furto e uccisione di cani, è stata prontamente smentita sia da locali associazioni animaliste che dal sindaco di Lampedusa Totò Martello, il quale ha invocato l’intervento dell’Ordine dei Giornalisti.
Alla smentita del sindaco hanno fatto seguito numerose invettive sui social, da parte di diversi personaggi tra cui anche giornalisti che, evidentemente, dalla comoda poltroncina di casa, in pieno stile radical chic, si sono preoccupati di digitare sulla tastiera del pc o dello smartphone la loro opinione, predicando un sano giornalismo fatto di “verità” a priori, solo perché aderenti a quell’ideologia pelosa che vogliono spacciarci per il nobile concetto di accoglienza.
In questo modo, nel giro di pochi giorni e a suon di tweet, tre giornalisti in “trasferta”, sono stati messi alla gogna e bombardati sui social.
La loro colpa? Aver dato voce ai cittadini, alla base dell’isola, a chi in quel luogo vive e va avanti con sacrificio. La loro “colpa” è aver raccontato le cose come stanno realmente, aver raccontato le pessime condizioni in cui sono costrette a lavorare le nostre forze dell’ordine, le norme anti covid violate come se nulla fosse. Tutto questo con l’aggravante di aver documentato ogni cosa, tant’è che i tre giornalisti si sono detti pronti e disponibili a mostrare qualsiasi prova raccolta, oltre ad aver denunciato quanti si sono resi responsabili di diffamazione e calunnia.
Ed ecco che quando la realtà è scolpita e inconfutabile, l’unica maniera per difendersi è attivare la macchina del fango, con il benestare di penne prezzolate che, anziché informare le masse come la nostra deontologia impone, le distraggono. Ritengo che questo sia più fascista di qualsiasi altra cosa.
Non c’è da stupirsi poi, se l’Italia sia bassa in classifica per quanto riguarda la libertà di stampa.
L’Italia così come è ora, non è un Paese per giornalisti liberi. Si preferisce creare “grandi nomi” privi di contenuti ma pronti ad appoggiare qualsiasi cosa, oscurando grandi penne che raccontano le cose come realmente accadono. E quando oscurarle non è sufficiente, le si inonda di fango con la speranza che gli tappi la bocca, affogandole.
Ma non c’è fango che tenga quando si è forti della verità. E’ stronza, la verità. Viene a galla lei trascinando in superficie il letame, cosicché a tempo debito, tutti possano vederlo.
Solidarietà ai colleghi