Ciao nonno,
in questa nostra storia ho capito tantissime cose. Come se tutta questa vicenda fosse stata una lunga scala, ed ogni gradino fosse stato sempre più difficile. Mi hai insegnato qualcosa anche così, nonostante quello che ti ha portato via da me, da noi. Ma solo fisicamente. Sai nonno, in questa storia ho imparato a conoscere le contraddizioni del tempo. E il tempo di contraddizioni ne ha tantissime: sembra scorrere lento, e vorresti che volasse; poi vola davvero e vorresti fermarlo; poi passa e vorresti tornare indietro. Indietro a quando, con i tuoi modi di fare, riuscivi a dare un nome ai momenti, alle scene di vita quotidiana. Perché ho avuto la fortuna di viverti 25 anni, e ne ho potuti colorare ricordi con la tua presenza. Tutte fasi, tutti gesti, tutte immagini e parole, che in un modo o nell’altro mi porterò dentro per sempre, e mai potranno essere cancellate. Mi hai insegnato che al pregiudizio si saluta col sorriso e sollevando il capo, e che certe volte è vero, non è sempre colpa nostra.
Ma soprattutto, mi hai insegnato che se la sofferenza la si converte in forza, e la si usa per fare del bene agli altri, allora diventa amore. Ed è per questo che ho deciso di trasformare la tua, nostra sofferenza in forza, per donare amore come volontaria in un centro Alzheimer. Per donare, a chi ne ha bisogno, quel sorriso che a volte ti ho negato col volto imbronciato. Quel sorriso di cui avevi bisogno. Tra alti e bassi, mi hai insegnato la sacralità della famiglia, l’esserci sempre l’uno per l’altro nel bisogno. Il sentire il sangue che chiama, pulsare forte nelle vene fino al cuore. Questo mi aiuterà a non avere rimorsi nonno, perché ti ho stretto la mano e baciato la guancia fino all’ultimo. Perché nonostante tutto, hai amato me e i miei fratelli alla follia. Ero, sono e sarò per sempre quella Elena che ti ha riempito la vita, e che hai chiamato fino all’ultimo. I nonni sono l’amore più grande per i nipoti, ed ho avuto la fortuna di crescere con te. Tra gli immancabili cioccolatini, le passeggiate la domenica, i giorni di festa in casa a Via Roma, e l’immancabile palloncino volante. Le noccioline la domenica, i litigi al telegiornale, il tuo orgoglio per i miei studi, il mio lavoro. Quando andasti orgoglioso a comprare il giornale per leggere il mio primo articolo e dire ai tuoi amici che quella firma era “Lelena”. Perché un po’ della tua Lelena l’hai sempre vista in me, e come la vita insegna, gli amori grandi, quelli eterni, nulla e nessuno li cancella. Nemmeno l’Alzheimer, nemmeno la morte. E in questo caso non è stata la vita. Questo me lo hai insegnato tu. Nonostante i nostri contrasti, quando non capivo che quel male non eri tu, ma la tua malattia e la mia inconsapevolezza. E in quel periodo l’amore di cui a
vevi bisogno non ho saputo rendertelo. Questo mi toglie quella pace nel cuore con cui avrei voluto affrontare questo momento. E questo mi fa sentire un verme, così come vermi dovrebbero sentirsi tutti coloro che dinanzi alla tua malattia, hanno dato priorità all’orgoglio e all’egoismo, non degnandosi nemmeno di sentire quanto amore trasmettevi stringendo le nostre mani con le poche forze che ti restavano. Ma non fa nulla, nonno. Quell’amore l’abbiamo sentito noi, ci ha riempito il cuore, ha accompagnato le nostre lacrime. Ha dato un senso a tutto quello che noi 5, papà, mamma, io, Rossana e Innocenzo Cristian, da soli, abbiamo fatto per te. Per vederti ancora in piedi, per farti mangiare, per farti sorridere, per accompagnarti con quella dignità che questa maledetta malattia ti toglie. Tutto questo non andrà mai perduto. E se agli occhi di un Dio questo vale, non è nient’altro che amore: quello che malattia, morte, sofferenza non cancelleranno mai. Vivrà in eterno, con il tuo ricordo, e con tutto quello che sei stato per noi. Dall’inizio, alla fine e per sempre, mio adorato NONNO.
Tua nipote Elena